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A settant'anni dall'8 settembre viene proposta una rilettura delle "Ultime lettere dei condannati a morte e dei deportati della Resistenza". Lo studio prende in esame gli aspetti materiali e formali delle lettere, dai supporti (brandelli di carta, il muro della cella ecc.) alla "mise en page" (spazi bianchi, scritture fuori testo), ai fenomeni più generali di ordine retorico, testuale e tematico (fra di essi: la funzione evocativa dei nomi propri, lo stile spezzato, la ripetizione). Ne vengono così messi in luce aspetti espressivi ad oggi inesplorati, a causa del taglio esclusivamente tematico degli studi finora dedicati a questi documenti. L'accuratezza formale e visiva con cui sono spesso scritte le "ultime lettere" è interpretabile come caparbia asserzione di dignità in un contesto che la nega in radice; quella attenzione alla forma diviene il segno di appartenenza ad una comunità civile ed estrema resistenza della persona nella prossimità del suo annullamento. "Le lettere", in quanto "scritture ultime", restituiscono così ai destinatari un'idea di resistenza come che sia, di reazione all'offesa e rappresentano quasi un'immagine controfattuale della stessa persona fisica del condannato, specie se deturpata dalle torture e dalle miserabili condizioni della detenzione.