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Sviluppatosi come risposta all'antisemitismo crescente della seconda metà dell'Ottocento e al processo di assimilazione degli ebrei nel mondo moderno, il sionismo ha segnato un passaggio decisivo della storia novecentesca. Esso costituisce un fenomeno antropologico, religioso ed estetico sorretto dalla singolare commistione di antico e nuovo (come lascia immaginare il titolo di un'opera del suo fondatore Theodor Herzl) e affonda le sue radici in un terreno culturale complesso, in cui il legame biblico, filtrato dall'humus determinante della cultura austro-tedesca, si proietta - nella sua fase iniziale - verso un'utopia in cui il sogno nazionale è anche vocazione cosmopolitica, idea di tolleranza, umanesimo, convivenza delle identità culturali, linguistiche e religiose. Il volume si propone di analizzare le matrici culturali e l'impatto che l'idea sionista ebbe nei primi decenni del Novecento sulla cultura europea, offrendo un'occasione di confronto su alcuni protagonisti e su alcuni momenti della storia di questa idea tra la fine dell'Ottocento e la fondazione dello Stato d'Israele, in riferimento soprattutto alla cultura austro-tedesca e alle ripercussioni che tale idea ha avuto sull'ebraismo italiano.