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Il volume è una ricognizione approfondita della fase del pensiero di Michel Foucault che va sotto il nome di "archeologia". L'archeologia si occupa essenzialmente del legame che si stabilisce tra il sapere e il potere nella modernità; in particolare, sfata l'idea che la nascita della scienza sperimentale sia una forma di sapere neutrale e dimostra, al contrario, che il discorso scientifico è integralmente condizionato da esigenze legate all'esercizio del potere. Questo quadro analitico, condotto facendo costante riferimento all'ambiente storico-culturale in cui fiorisce la ricerca di Foucault (lo strutturalismo francese) e ad alcune figure capitali della filosofia moderna (Cartesio, Kant, Husserl, Heidegger), ruota intorno a una tesi innovativa: la riflessione foucaultiana degli anni Sessanta è un tentativo stratificato di nodi concettuali concepito per salvaguardare la filosofia nella sua propria storia in opposizione all'idea che il nostro tempo sia l'epoca della fine della filosofia. Per questo obiettivo Foucault allestisce un'ontologia della storicità fondata sull'impiego paradossale dell'a priori declinato in un senso temporale e una complessa indagine linguistica del discorso positivo che lo considera in quanto tale una pratica.