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Ripensamento delle aporie politiche del marxismo sullo sfondo della crisi europea postbellica, i "Quaderni del carcere" tracciano con coerenza estrema i lineamenti di un "ritorno a Marx" che non è la costruzione di un'ennesima ortodossia, ma la riattivazione di testi, ai quali il "marxismo" aveva sottratto il mordente polemico cancellandone lo statuto di interventi strategici. La proposta di Gramsci sta nel far reagire i testi di Marx con le grandi proposte filosofiche e politiche del Novecento; consiste insomma nel riformulare il marxismo nei termini di una lotta attuale per l'egemonia, i cui protagonisti non sono astratti sistemi di pensiero "vero", né macchine impersonali capaci solo di produrre "potere", ma complesse articolazioni in cui le varie filosofie fanno corpo con apparati di produzione del consenso e con dispositivi di costituzione della verità. La questione della filosofia in quanto concezione della vita e dell'organizzazione di una civiltà, in tutti i suoi aspetti - riacquista così con i "Quaderni" una forza critica e di rottura che ancora oggi si stenta a riconoscere. E, con essa, viene investito di luce del tutto nuova il suo indispensabile pendant: "una "religione laica", una filosofia che sia diventata appunto "cultura", cioè abbia generato un'etica, un modo di vivere, una condotta civile e individuale".