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Ogni cosa punta verso il cielo. I sogni e le paure, i dolori e le gioie. Per quanto la Terra ci attragga non c'è essere umano che non abbia pensato, almeno una volta, a cosa succede sopra la nostra testa. Chi vive in quel continente sterminato che chiamiamo universo? Cosa accade nell'oscurità dello spazio? Sarà lì che un giorno costruiremo le nostre case? Domande che sembravano destinate a vivere solo nelle speculazioni dei filosofi e nelle fantasie degli artisti. Fino a quando, un giorno, nel luogo più inospitale del pianeta, il nostro sogno ha iniziato a prendere forma. Questo viaggio inizia in una terra che per secoli solo pochi mercanti hanno avuto il coraggio di attraversare, con timore, a cavallo o in groppa a un cammello; un oceano di erba secca, sabbia e detriti, troppo arido per costruirci qualcosa, troppo povero per essere conteso da qualcuno: è il deserto del Kazakistan, il luogo dimenticato da Dio che l'essere umano ha fatto diventare il suo trampolino di lancio per l'eternità. Nel 1953, infatti, un pezzo senza nome di quel deserto, sulle rive del fiume Syr Darya, venne invaso da un manipolo di alieni, di cui tutti avevano sentito parlare, ma che nessuno aveva mai visto: i russi. Furono loro a intravedere in quell'arsura, lontana da tutto ma vicina al cielo, il luogo più adatto a ospitare la «città delle stelle», il primo passo verso una straordinaria corsa allo spazio. "Bajkonur, Terra" - esordio letterario di Eliseo Acanfora, sceneggiatore dell'omonimo film documentario presentato al Vancouver International Film Festival e realizzato dal Saggiatore in partnership con Rai Cinema, Lux e The Piranesi Experience - racconta questa storia, fotografa i luoghi proibiti, dà voce agli abitanti del posto. Una narrazione costruita per tempeste di sabbia, bandiere sovietiche, reliquie di scienziati, immagini marziane e ultrasuoni, attraverso i quali l'autore immortala la più antica e argonautica delle ambizioni: conquistare l'universo, rendere abitabile l'infinito.