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«La ribellione scorre nel sangue di famiglia.» Inizia così, come un dardo scoccato contro il conformismo e insieme una rivendicazione genetica, l'autobiografia di Barney Rosset, uno degli editori più significativi del nostro tempo, colui che ha rivoluzionato l'editoria americana liberandola dagli oltraggi della censura e riplasmando il linguaggio, la letteratura, l'eros. In risposta al volto compassato e stolido del puritanesimo ha dato alle stampe Beckett, Genet, Che Guevara, gli scrittori della Beat Generation e l'Autobiografia di Malcolm X. Cresciuto nella Chicago dei gangster con il mito di John Dillinger, ateo dall'età di sei anni, in terza media già titola il giornalino della scuola Anti-Everything. Edonista controcorrente e facile alla noia, dopo essersi sposato con la celebre pittrice Joan Mitchell ed essersi trasferito nel Greenwich Village - l'amalgama culturale newyorchese per eccellenza - nel 1952 rileva una piccola casa editrice, Grove Press, e inizia la sua avventura. Comincia a pubblicare Henry James e autori europei come Marguerite Duras, Alain Robbe-Grillet, Eugène Ionesco e il marchese de Sade. Poi, al termine di una lotta all'ultimo sangue con la censura, riporta allo splendore originario "L'amante di Lady Chatterley" di Lawrence e "Tropico del Cancro" di Miller. "L'editore fuorilegge" è l'autobiografia di Barney Rosset, scritta con la collaborazione di amici e colleghi. Un'opera che svela i retroscena sulla genesi di molti capolavori e illumina il rapporto tra i grandi protagonisti della cultura internazionale del Novecento: l'editore si racconta come se reggesse le fila non solo della sua vita pubblica e di quella privata, strettamente intrecciate, ma anche di un'epoca - un'epoca che Rosset supera, anticipa, sferza. Se, come scrive Luca Formenton nel suo testo introduttivo, per portare avanti il lavoro editoriale «è necessaria una fede assoluta», tra le pagine dell'Editore fuorilegge si cela il modo migliore per trovarla.