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"I neomelodici sono il cancro di Napoli." "I canti di malavita calabresi sono musicalmente insignificanti e vanno ben oltre l'apologia di reato." Fin dagli anni novanta studiosi, giornalisti, politici, magistrati, scrittori e moralizzatori dichiarano che le canzoni "criminali" intonate in Campania e Calabria sono in grado di influenzare negativamente chi le ascolta, soprattutto i giovani, e quindi da bandire e dimenticare. In Italia, dunque, esisterebbe un'educazione musicale alla mafia impartita attraverso melodie e testi che, descrivendo comportamenti violenti, giustificano o determinano la violenza: un automatismo ancora indimostrato. Nonostante la censura culturale alimentata dai media, però, quelle ballate continuano a essere ascoltate. La trilogia dedicata alla Musica della mafia ha rappresentato un fenomeno discografico rilevante sia in Italia sia all'estero; autori e interpreti come Mimmo Siclari e Tommy Riccio vantano un nutrito seguito di fan irriducibili. Che si tratti di CD venduti nei vicoli o di video su YouTube, di neomelodici o di canzoni di carcere, la musica "criminale" intercetta una porzione di pubblico tutt'altro che trascurabile. Goffredo Plastino esamina le rappresentazioni della violenza individuale e del crimine organizzato nel canto popolare, nell'opera e nella popular music, riflettendo sul panico morale che circonda quei repertori musicali respinti come inaccettabili e sulla condanna che colpisce chi li esegue.