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Tra un fiume di mercurio e un oceano d'oro fuso, si stende Dunia, un paradiso terrestre popolato da caproni, draghi, delfini e liocorni, dove ogni psicologia è bandita. Qui, nell'Accademia del dottor Pastiche, un pugno di contadinelli analfabeti al massimo stadio di evoluzione impara a simulare rozzezze da Marchetta di Neandertal per ridestare i desideri agonizzanti di turisti stanchi delle conquiste troppo facili. Vegliano su di loro un giovane masochista stralunato, uno struggente vecchio satrapo dal passato oscuro, una creaturina di grazia ottocentesca e aristocratica volubilità, forse bambina, forse scimmia. Purtroppo siamo in Barocco, paese dell'Africa del Nord, e le dune di Dunia sono minacciate da uno di quei villaggi balneari bungalow-tucul-pizzeria-piscina talmente caratteristici da apparire identici sotto ogni latitudine, secondo l'inesorabile piano di sviluppo del dittatore Sidi Birbissa (le iniziali S.B. sono puramente intenzionali, così come la sua parlata romagnolo-brianzola). Dunia, con i suoi innocenti svaghi degni di un Sade del terzo millennio, è destinata a svanire insieme all'identità del suo narratore, che scoprirà che l'unico modo per trovare se stessi è innestare la propria autobiografia nella vita di qualcun altro. Con questo libro, Umberto Pasti sfida le regole del romanzo e fabbrica un nuovo realismo per una nuova irrealtà: quella, quotidiana, che circonda e imbeve tutti.