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«Una vita bruciata per niente, quella di Acciarito, sacrificata a un ideale sociale e di giustizia molto al di là da venire, strumentalizzata in ossequio alla ragion di stato.» (dalla Prefazione di Luciano Lanna). Nel 1897, tre anni prima di Gaetano Bresci, l'anarchico Pietro Acciarito attenta alla vita del re Umberto I. È un'azione solitaria e maldestra, dettata dalla miseria, che si conclude con un nulla di fatto. Il re è incolume, ma per l'anarchico comincia un'odissea dolorosa in cui si mescolano interessi che fanno capo a personaggi politici, istituzioni, funzionari di polizia e magistrati. Arrestato, torturato e costretto, con l'inganno, a coinvolgere altre persone, Acciarito, «un povero cristo in odore di anarchia», viene condannato all'ergastolo. L'attentato viene usato come pretesto per compiere numerosi arresti, non sempre legittimi, volti a sfoltire le file di anarchici e socialisti. Piero Proietti ricostruisce una vicenda dimenticata del secolo scorso i cui contorni sono molto simili ad altre «storiacce» del nostro tempo.