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Geppin di Moneglia, al secolo Giuseppe Vallaro, a undici anni si rompeva la schiena e le mani a caricare sabbia e sassi per la zavorra dei grandi brigantini in partenza per gli oceani, e tergendosi il sudore guardava l'orizzonte come un confine, sognando di raggiungerlo e di scoprire, chissà, un "oltre". Lavorando sodo, mai piegandosi a padroni e padroncini, pirati e loschi traffici, in tutti i porti del Mediterraneo, diventò capitano, padrone di barchi e cacciatore di orizzonti. Ormai capitano di lungo corso, abilitato a varcare Gibilterra, con il suo brigantino Rosario e un equipaggio fedele, il ligure Geppin affronta Capo Horn, dove i due oceani si scontrano, mai domi, mai stanchi. Il Cile è la meta, il guano e il salnitro sono la ricchezza di un secolo di veri marinai senza paure come fu l'Ottocento, ma arrivarci senza alberi rotti, con un pezzo di barca ancora galleggiante, è un'impresa.