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Queste cinque lezioni di educazione morale, che Fichte tenne a Jena nel 1794, sono il suo capolavoro. L'Io trascendentale di Kant diveniva l'Io puro, presente nell'autocoscienza di ogni singolo, e il noumeno diveniva il non-Io, interno e non esterno allo spirito; e la legge morale esigeva l'unificazione della realtà naturale e umana, sicché la cultura era il mezzo necessario per tendere a quel fine supremo. Di qui la funzione del dotto, concepito come l'educatore del genere umano: il maestro vero è colui che è impegnato ad accendere nelle anime il fuoco della passione filosofica. Tuttavia, anche in un'età fortemente materialistica come la nostra, giova e suscita qualche dubbio il tentativo idealistico di spiritualizzazione della natura; e resta valido il concetto della funzione morale della cultura, che qui la quinta lezione, in polemica con Rousseau, validamente difende.