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Tra l'inverno e la primavera del 1944, la zona dell'Appennino compresa tra le province di Terni e di Rieti vide impegnata la brigata partigiana "Gramsci" contro i reparti tedeschi e della RSI. In questo periodo, e prima dell'arrivo delle forze alleate in lenta e difficile avanzata da sud, esponenti fascisti, o presunti tali, e civili inermi, furono uccisi, non in combattimento. I partigiani riconosciuti responsabili di tali delitti e processati dopo il 1945 vennero tutti assolti perché le loro furono considerate "azioni di guerra o di lotta contro il fascismo" e quindi legittime o da amnistiare, in base alle leggi allora in vigore. L'autore, attraverso un accurato lavoro di ricerca tra documenti ufficiali e testimonianze, ricostruisce alcuni tragici episodi che hanno lasciato traccia negli archivi dei tribunali. Analizzando quanto avvenuto, mette in luce, fra l'altro, come le tesi difensive degli accusati ("erano spie dei nazifascisti... ci è stato ordinato... non ricordo...") abbiano molti elementi in comune con altri processi celebrati in altre regioni d'Italia contro esponenti delle forze partigiane accusati di omicidio, spesso con l'aggravante della crudeltà.