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Il motto «In principio era il corpo», in cui si riconosceva la cultura del corpo in Russia negli anni venti, serve a tracciare lo sviluppo della modern dance, il linguaggio del movimento e la sua rappresentazione durante il rivoluzionario decennio 1920-1930. Attraverso le premesse pratiche e teoriche di questa affermazione, il volume mette in luce quella che venne definita «Arte del movimento» da un gruppo di ricercatori, danzatori e coreografi associatisi nel Laboratorio Coreologico dell'Accademia russa di scienze artistiche di Mosca. Questo laboratorio, fondato da Vasilij Kandinskij insieme ad altri esperti tra i quali Aleksandr Larionov e Aleksej Sidorov nel 1921, divenne una istituzione unica nella storia europea della nuova danza e uno dei molti progetti utopici fra la fine dell'impero russo e la prima cultura sovietica. Ma, a differenza di altri esperimenti in questi anni burrascosi, il Laboratorio, come impresa funzionante e attiva, durò relativamente a lungo (dal 1923 al 1929), organizzando performance, conferenze, pubblicazioni e quattro mostre fondamentali sotto l'egida de «L'arte del Movimento». Il Laboratorio analizzava le modalità con le quali il movimento poteva essere fissato nelle sue diverse estensioni cinetiche: il gesto, la mimica, la danza, la ginnastica, l'espressione emozionale. A questo scopo, fece ricorso agli strumenti e alle più varie metodologie, inclusa la registrazione secondo le linee di una trascrizione musicale, pittorica, scultorea o quella della registrazione meccanica (fotografia, cinematografia, ciclogrammi). La finalità essenziale era di stabilire un dialogo fra la riproduzione artistica o «estetica» del movimento e quella fotomeccanica. Il volume tratta delle diverse manifestazioni di questo soggetto polimorfo, dalla danza plastica alla ginnastica ritmica di Nina Aleksandrova e Ljudmila Alekseeva, dagli studi del moto e del tempo negli esperimenti di biomeccanica di Nikolaj Bernstejn, alle provocatorie performance en nue di Kas'jan Golejzovskij, Lev Lukin, Aleksandr Rumnev, dall'acrobatica alla ginnastica di Valerija Cvetaeva, al teatro di varietà e alle danze etniche di Nikolaj Foregger e Vera Sabsaj. Nel libro si incontrano inoltre numerosi riferimenti incrociati ai grandi innovatori della danza americani ed europei come Isadora Duncan e Rudolf von Laban, intenzionati a stabilire influenze e contatti reciproci con una Russia ancora aperta alle sperimentazioni più radicali nel campo dell'arte del Movimento. Basato su ampie e approfondite ricerche in archivi pubblici e privati,il volume rivela un nuovo approccio nella descrizione di teorie e pratiche dei suoi protagonisti, mettendoli in risalto attraverso la riproduzione di opere d'arte e foto d'epoca inedite in Occidente: in questo modo il libro ricostruisce un intero capitolo della cultura russa e sovietica da lungo tempo dimenticato, ignorato e negletto a causa delle censure e delle persecuzioni dell'epoca staliniana.