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"II dovere di un capitalista moderno è di assicurare al proprio Paese il massimo di occupazione compatibile con la competitività, nell'interesse dell'equilibrio dei conti economici nazionali e della bilancia commerciale. Di questi valori il capitalista deve sforzarsi di essere garante e queste sono le cose alle quali ho sempre cercato di essere fedele." Pungolato dalle domande di Arrigo Levi, Giovanni Agnelli esprime senza reticenze e senza cortine diplomatiche le sue idee sui temi fondamentali dell'industria, dell'economia, della finanza e della politica italiana. Ne emerge il ritratto di un grande imprenditore, colosso della vecchia guardia, che a soli venticinque anni e all'indomani della seconda guerra mondiale si è ritrovato catapultato ai vertici della Fiat e l'ha portata a diventare il primo gruppo industriale d'Italia. Il suo racconto ripercorre la storia dell'azienda - e più in generale dell'industrializzazione nel nostro Paese - dal boom del 1910-15 sino primi anni Ottanta, con l'introduzione pionieristica dei computer in fabbrica. Il risultato è un libro ancora oggi capace di affascinare il lettore, sia per l'eccezionalità del narratore (solitamente assai misurato nelle sue esternazioni pubbliche), sia per la rarità del punto di vista: Giovanni Agnelli ci apre uno spaccato della sua "fabbrica" dall'interno, dalla parte del vecchio padrone che si trasforma progressivamente in moderno imprenditore di respiro internazionale.