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Un dibattito scientifico settecentesco sulla «combustione umana spontanea», le domande sollevate in età moderna dalle nascite mostruose e questioni di storia della psichiatria tra fine XVIII e primo quarantennio del XIX secolo. Ma anche l'antigiudaismo nel discorso inquisitoriale della Sicilia di metà Settecento, a pochi anni dalla soppressione di un tribunale che la civiltà giuridica coeva considerò come il suo monstrum antitetico. Cosa tiene insieme i capitoli di un volume che intende raccontare trame «minori» ma estremamente rivelatorie? Di certo il filo rosso delle contraddizioni della modernità, degli sfasamenti e delle discontinuità che stanno dietro alle trasformazioni, come pure l'affanno nella produzione di un «discorso alto» che muove dal perenne conflitto tra innovazione e resistenza. Seguire le trame di storia intellettuale che il libro prova a ricostruire equivale forse a cogliere la fatica dell'incedere della modernità razionalizzante descritta da Max Weber, che è costituita da bivi, dal peso dei rami secchi delle opzioni irrealizzate, da sconfinamenti azzardati, ma anche da un incessante riadattamento dei discorsi e delle pratiche, volto alla loro conservazione.