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A partire dalla crisi della soggettività post-moderna e dalla scoperta, da parte di alcune teoriche del movimento delle donne, del carattere fallologocentrico della cultura occidentale, il volume cerca di spiegare come la scienza e la tecnica, in seguito ai mutamenti verificatesi con la rivoluzione scientifica del '600, siano riuscite a costruire il loro impianto epistemologico ignorando volutamente l'apporto creativo della donna. L'educazione riveste, in tale prospettiva, un ruolo chiave nel processo sia di destrutturazione di quei stereotipi di genere che causano l'esclusione, ma anche l'autoesclusione, delle donne dal mondo scientifico, sia di formazione di un pensiero volto a desiderare di conoscere e rispettare la "parzialità" del "punto di vista". A partire dalle teorie di alcune esponenti del movimento delle donne appartenenti alla corrente antiessenzialista, sono stati individuati alcuni "approcci" che dovrebbero orientare il pensiero di chi fa ricerca (un pensiero ecologicamente orientato, eticamente responsabile, empatico e creativo) e la cui formazione diventa responsabilità delle istituzioni scolastiche.