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Per tradizione, l'ambiente universitario si adatta a meraviglia alle trame gialle. Gli odi, le invidie, i conflitti tra accademici, infatti, assomigliano moltissimo alla brama di potere nella sua forma più pura e la passione per il potere è fonte naturale del delitto. Nei romanzi giallo-giocosi di Carlo Flamigni, schemi tradizionali di questo tipo, magari con misteri e soluzioni deduttivi, germinano in un brodo di coltura surreale, pieno di maschere e detti e spiriti regionali romagnoli, e in alcune entrate ci immagineremmo come sottofondo musiche da clown felliniane. C'è un po' di fiaba folclorica moderna nel suo romanzesco. In pieno giorno si accascia, a un tavolo del bar dov'è seduto, un uomo, colpito a morte da un proiettile. Lo vedono in molti e due individui si inseguono in mezzo ai tavolini. Lo strano è che non si è sentito un solo sparo. È morto un professore universitario, medico illustre, d'altri tempi, e molto impegnato nella buona politica, ma da un po' di tempo ritiratosi di più dentro la sua vita privata. Attorno a lui s'erano intrecciate varie prevedibili beghe: la giostra dell'assegnazione delle cattedre a Medicina, la successione al rettorato, un grande affare legato alla fondazione di una ultramoderna sede distaccata della facoltà... Vuole il caso che la signora Mirta Fabbri, moglie del professor Stelio Benelli, il morto, sia una vecchia fiamma di Primo Casadei. E così entra in scena la coloratissima banda da investigazioni di Carlo Flamigni...