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Il Cavalier Garbo, commissario di polizia a Palermo, si sveglia ogni mattina con fatica. Forse è la solitudine, forse l'avanzare della sera della vita, ma lo stringe una cintura di tristezza, lo circonda un alone di malinconia. O forse è colpa dell'epoca sua, la Belle Epoque morente che in Palermo ebbe una delle fiorite capitali. L'antica, "felicissima" città, ha subito drastici cambiamenti nel suo aspetto. Alla miseria della povera gente che porta più di tutti le ferite aperte dagli sventramenti urbanistici, e alla pigrizia arrogante dell'aristocrazia che impoverisce, s'è aggiunta la spregiudicatezza di una classe nuova di ricchissimi. Così il costume è mutato: più sensibile alle mode, più vizioso. Siamo nel maggio del 1911. In quel di Monreale è sparito l'agente La Mantia, di recente incaricato di un'azione di infiltrazione nella mafia per mandato della Procura del Re. Il Commissario Garbo scopre subito che un altro delitto importante, finora camuffato da incidente, può essere collegato al fascicolo La Mantia. E dietro il tutto, scompare e compare un altro mistero, ancora più torbido perché stavolta riguarda il Palazzo. L'integerrimo Procuratore del Re Diotallevi aveva subito qualche tempo prima un incomprensibile attentato. Voci che contano, tra il dire e il non dire, l'avevano spiegato con una messinscena della stessa vittima. L'infamante sospetto aveva costretto il magistrato ad abbandonare, in fretta e furia con un trasferimento, le sue inchieste...