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Un giornalista viene ucciso nel freddo Carnevale del 1875. Diciassette pugnalate, lui solo nella redazione del quotidiano "La Capitale" che dirige. E Raffaele Sonzogno, nipote del fondatore della grande casa editrice: milanese, uomo della sinistra senza timori reverenziali e senza sotterfugi, è venuto a Roma a fare la sua parte nella lotta per le imminenti decisive prove elettorali. Il delitto si presenta subito ambiguo: da un lato, sembra la congiura di una banda scalcinata della malavita di Trastevere; dall'altro potrebbe essere la coda di una scandalosa storia di adulteri. Ma entrambe le ipotesi sembrano condurre a mandanti ben più in alto nella gerarchia sociale. Indagano un onesto delegato di polizia e il giovane cronista Filandro Colacito: dietro di loro, però, vegliano i superiori - forse per insabbiare, forse per depistare. Sono gli ultimi mesi del potere della Destra storica, già si profila all'orizzonte il governo della Sinistra. Due diverse concezioni dell'Italia, due modi di rapportarsi al popolo e di guardare verso i tempi moderni. E quanto più sono autoritari e inesorabili i modi del morente regime, tanto più spregiudicati gli esperimenti di affari e clientela del gruppo emergente assetato di novità e sospinto da ceti fino a ieri esclusi. Di questa Roma, già dominio del Papa Re e divenuta palcoscenico di una rivoluzione all'italiana, "I sicari di Trastevere" è una versione in nero, potremmo dire che ne è il "romanzo criminale".