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Un'epopea, se non l'unica del popolo italiano certo la più travolgente di vite individuali e destini di comunità, è stata l'emigrazione di milioni di lavoratori; mai celebrata a livello ufficiale e nemmeno dalla cultura di popolo o di massa, e che rischia oggi la completa rimozione dal sentimento comune a causa della trasformazione dell'Italia da terra di bastimenti che partivano a meta di immigrati stranieri. Perciò raramente si trovano, nella storia della letteratura italiana, esempi di storie di emigranti. Uno di questi pochi, il poema triste di Vilardo che agli inizi degli anni settanta, dalle colline della sua Delia nel cuore della Sicilia, trasformava in canto corale tante storie di piccoli comuni eroi. Una Spoon River siciliana di cui Leonardo Sciascia scriveva nella prima edizione per l'editore Garzanti: "Vilardo è nato a Delia, in provincia di Caltanissetta, e a Delia è vissuto per tanti anni, insegnando nelle scuole elementari. Poeta, per così dire, in proprio (un paio di volumetti pubblicati in edizione limitata: poesie di idillio, poesie d'amore), ad un certo punto si è dato a raccogliere e ricreare queste storie (alcune ne ha pubblicate sul numero 15, luglio-settembre 1969, di "Nuovi argomenti"). E non è stata un'operazione facile. Per quanto, leggendole, non sembri, la mediazione del poeta c'è stata. E che non sembri, è il maggior merito di questo libretto".