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Interrogarsi oggi sul ruolo dei diritti fondamentali e delle politiche europee dopo la revisione di Lisbona è operazione indispensabile alla comprensione di quale strada stia prendendo il processo d'integrazione europea, non solo alla luce delle importanti novità che essa introduce, ma anche in considerazione delle ripercussioni che derivano dagli avvenimenti occorsi, a livello mondiale, tra la fine del secolo scorso e l'inizio del nuovo millennio, sull'integrazione e soprattutto sulle politiche dell'Unione. La crisi ha reso, se possibile, ancora più attuale l'interrogativo sulla costruzione dell'Unione europea a partire dai diritti, prospettiva che potrebbe essere considerata, per così dire, parte del suo genoma, se è vero che sotto il profilo della cultura giuridica europeo-occidentale l'affermazione dei diritti nel corso degli ultimi due secoli ha assunto una portata rivoluzionaria. Dalla più recente tappa dell'evoluzione della storia europea dei diritti, la "costituzionalizzazione" della Carta di Nizza, ci si attende, allora, soprattutto un avanzamento sul piano del rapporto tra i diritti di prima generazione - funzionali all'obiettivo del mercato interno - e quelli sociali. E in fondo questa è la chiave di lettura più interessante perché spiega le persistenti tensioni esistenti tra la dimensione dei diritti fondamentali di scala costituzionale nazionale e quella dei diritti riconosciuti (anche) al livello dell'Unione.