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La letteratura prevalente in materia di corporate governance interna, dall'Agency theory alla Stewardship theory, nel rappresentare le dinamiche di governo enfatizza l'esigenza di regolazione efficace dei rapporti proprietà-management, di coordinamento degli attori, dibattendo sui meccanismi da poter utilizzare a tal fine. Nella ricerca di efficienza organizzativa, tuttavia, cede alla tentazione di definire ex ante i profili degli attori e di incardinare i loro comportamenti in un set di possibili opzioni, considerando "devianza" tutto ciò esuli da tali prescrizioni. Il contributo al tema che si propone nel presente lavoro vede il discorso sulla corporate governance interna indissolubilmente legato all'agire strategico degli attori nella distribuzione del potere decisionale all'interno della coalizione dominante e alle dinamiche connesse al suo esercizio, mantenimento o cambiamento. Abbandonando lo schema della "spiegazione", le relazioni di potere che si vengono a creare tra gli attori di governo non possono che essere esplorate e descritte ex post, in una logica di "comprensione". In questo quadro, il conflitto o la collaborazione non sono il fine delle relazioni di governo, come vorrebbe la maggior parte della letteratura, ma al più rappresentano delle opzioni strategiche utilizzate ad hoc dalle parti per raggiungere i propri obiettivi. Gli stessi meccanismi di coordinamento, contratto o fiducia, vedono ridimensionato il loro peso nei rapporti tra gli attori di governo.