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L'osservazione dei numerosi casi di dissesti aziendali che hanno prodotto, in anni recenti, effetti devastanti sui redditi e sui risparmi di molte famiglie, pone un quesito fondamentale: possono questi eventi essere studiati come casi eccezionali, isolati e circoscritti, conseguenza di azioni delittuose e fraudolente, attuate aggirando e contravvenendo a regole intrinsecamente corrette o, al contrario, cono comportamenti largamente diffusi e consolidati tra le imprese, consentiti e talora incentivati dalla mancanza di regole o dalla presenza di norme insufficienti o troppo lasse? Cosa non ha funzionato? Non sono adeguate e appropriate le regole stabilite o l'elemento di debolezza risiede nella loro difficile applicazione e nell'insufficienza dei controlli? Tutti i casi di dissesto hanno coinvolto società che fanno parte di gruppi aziendali. Ciò pone inevitabilmente un secondo ordine di interrogativi: esistono rapporti di causalità tra i caratteri propri delle aziende strutturate a gruppo e l'inadeguatezza o l'inefficacia del sistema di regole che ne governa le relazioni con gli investitori? Gli strumenti d'informazione, comunicazione e controllo tipici di queste aziende risentono negativamente dello "strabismo" normativo che ancora disconosce il gruppo e riconosce invece le società giuridicamente autonome?