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Questo libro racconta la "storia di vita" di un personaggio poco noto del Risorgimento italiano, ma che fu tra i primi a desiderare ardentemente e operare audacemente - anche con Cavour - per l'indipendenza e l'unità della patria. Per affrettarne la libertà e il progresso scrisse di storia e di economia; e, come Settembrini, Poerio, Pironti, divenne settario e subì il carcere. L'amor di patria - con l'amore coniugale e familiare - fu il motivo di fondo della sua fervida vita, nettamente distinta in un prima e un dopo 1848: borbonico e cattolico liberale prima, filosabaudo e anticlericale poi. L'autore, quindi, nel contesto storico-antropologico del paese natale e, per dirla con Leopardi, sullo sfondo di «un secol superbo e sciocco», ma anche teso a «magnifiche sorti e progressive», ne svela luci e ombre, finora ignote o ignorate. Provando, così, a chiarire diffuse visioni di una storiografia risorgimentale - e delle carceri borboniche in particolare - spesso inflazionata o "avvelenata", cui concorse anche Niccola Nisco, "osservatore partecipante", nonché patriota e politico meridionale.