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"Giochi di fuoco", letterale traduzione italiana di Jochi 'i focu, è ancora l'espressione usata in Sicilia, ma anche nel meridione d'Italia, per i "fuochi d'artificio". La piccola protagonista di queste memorie aveva visto tante volte il cielo notturno sullo Stretto che fioriva di luci e colori, sempre a prezzo di fragori e schianti. Come distinguere, poco più tardi negli anni, nello stesso cielo, il diverso effetto delle stesse luci, degli stessi schianti? Tutti i bambini sono abituati a passare senza interruzioni dalle urla di paura alle grida di gioia, dal pianto al riso. Nessuno di loro è in grado di separare la realtà dalla fantasia. Così è stato facile, e talvolta anche piacevole per i piccoli, lasciare la quotidianità regolata dal controllo e dalla "buona educazione" per rifugiarsi in un fienile, accettare l'esperienza del collegio, tornare ad abitare una città, Messina, che circa tremila bombardamenti aerei avevano resa irriconoscibile, e lì, poi, un giorno dopo l'altro crescere mentre i grandi ricostruivano e tutti, grandi e piccoli, ritornavano alla modesta misura del privato. In un tempo che ha segnato per il mondo intero una fine epocale; a ripensarlo oggi, quasi archeologico. Si cresceva più lentamente, si continuava a lungo a confondere - è deprecabile? la realtà con la fantasia. Quanto a lungo? Almeno fino alla soglia dell'Università, sembra dire questo romanzo di memorie.