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Chi confrontasse la Torino di Edmondo De Amicis e quella d'oggi, non tarderebbe a riconoscervi uno stesso paesaggio di lunghe vie dritte, di larghe alberate, di architetture austere. Difficilmente, però, saprebbe istituire un rapporto tra le legioni di sartine, di ufficiali, di borghesi pieni di decoro descritte dallo scrittore e la folla variopinta della città attuale, di cui è impossibile indovinare origine e condizione. Eppure, scavando sotto una superficie tanto diversa, non è forse impossibile ritrovare uno stile di vita assai simile, fatto di ritrosia, di rigore, di attaccamento al dovere quotidiano e di pervicace ostilità verso ogni genere di ostentazione, fosse anche quella della virtù. Da queste pagine lontane si affaccia, insomma, un ritratto non effimero di una grande "provincia" cosmopolita.