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"Pensiero religioso liberale" è una categoria perlopiù poco conosciuta o confusa con "teologia liberale". Per ovviare, il libro traccia un rigoroso profilo storico e teoretico di questa tradizione che attraversa la modernità. Se le origini sono nell'Umanesimo, con i dialoghi ecumenici di Nicolò Cusano, la sua storia si intreccia con il tentativo di affermare i principi della libertà religiosa e della tolleranza nel mezzo dell'Europa dilaniata dalle guerre confessionali. Tra i protagonisti vi sono filosofi, riformatori e mistici: Pico della Mirandola, Erasmo da Rotterdam, Sebastian Franck, Sébastien Castellion, Giordano Bruno... Pur con accenti diversi, in ciascuno di loro è riconoscibile un denominatore comune: il religioso, lungi dall'essere ciò che divide gli uomini, sgorga dalla natura profonda dell'umano, dalla sua coscienza, quale che sia il luogo in cui capita di vivere. Per il pensiero religioso liberale, quindi, il religioso è un a priori, un trascendentale connaturato all'uomo: un orizzonte di senso che può assumere vari nomi, e ha la sua ragion d'essere nel giustificare, redimendola, la vita di fronte agli enigmi dell'esistenza, siano essi il male o la sofferenza dell'innocente. Una prospettiva sviluppata da Lessing, Kant, Schleiermacher, Jaspers e che, per l'autore, oggi aiuta a orientarsi tra secolarizzazione e fondamentalismi, tra pluralismo delle fedi e nichilismo.