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"Muss. Ritratto di un dittatore" è un documento prezioso per comprendere il complesso e spesso conflittuale rapporto di Malaparte con il fascismo. La sua stesura, iniziata durante la permanenza di Malaparte a Parigi, ha occupato un lasso di tempo di venti anni, dal 1931 - quando il libro avrebbe dovuto essere pubblicato dall'editore Grasset dopo il grande successo di "Technique du coup d'état" - fino ai primi anni Cinquanta. Proprio questa lunga gestazione è il miglior indice del travagliato rapporto di Malaparte con il regime e più ancora con la figura di Mussolini. Nelle pagine di Muss si sente talora l'eco della riflessione di Piero Gobetti che, a proposito del rapporto con il nazionalismo fascista, scriveva a Malaparte: «È la retorica patriottica che ha creato il fascismo: per fortuna lei si salva perché ha molto ingegno, perché ha uno spirito e perché è il contrario di un fascista. Lei non sarà mai fascista». Previsto inizialmente come una biografia di Mussolini con il titolo Il Caporal Mussolini, il saggio si è in realtà sviluppato come un'analisi critica del fascismo, che a Malaparte appariva nei suoi tratti di stato di polizia come l'ultimo portato della Controriforma. Oltre che sul rapporto dello scrittore con il fascismo, le pagine di "Muss" sono interessanti proprio per l'acuto giudizio critico di Malaparte anche sul nascente nazismo, visto come un primo esempio di dittatura moderna capace di indurre il popolo a credere che «il dittatore moderno sia un essere soprannaturale». Non deve dunque sorprendere che poco dopo il suo ritorno in Italia Malaparte venisse arrestato nel 1933, su denuncia di Italo Balbo, con l'accusa di avere svolto all'estero attività antifasciste, e inviato al confino sino al 1934, quando venne riabilitato dallo stesso Mussolini. Lo scritto "Il grande imbecille" che completa questo volume è un ritratto critico incentrato totalmente su Mussolini, scritto dopo la sua caduta, che avrebbe dovuto essere pubblicato sulla rivista «Prospettive». Di Mussolini in chiave satirica Malaparte si era già occupato all'epoca della vivace stagione strapaesana degli anni Venti in qualche scritto, e soprattutto nel romanzo breve "Don Camalèo". Ma nessun suo scritto ha l'acume e la causticità delle pagine qui raccolte. Completa il volume la prefazione di Francesco Perfetti e una nota finale di Giuseppe Pardini.