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«... L'impresa in cui si cimenta Edith Dzieduszycka è davvero impervia: non è certo facile colloquiare con un'anima poetica che è un coacervo di anime distinte e insieme confuse, di sensazioni plurime e singolarissime, in un susseguirsi di improvvisi sussulti, avvistamenti epifanici e sparizioni ancora più inspiegabili. Certo, per un poeta è sempre una profonda gioia - oltre che una sfida - confrontarsi, misurarsi e dialogare con un altro poeta. Edith Dzieduszycka avverte il bisogno di farlo con Fernando Pessoa, a cui si sente affine (chi ha letto i suoi versi delicati e impalpabili può cogliere subito quest'affinità), ma il fatto è che qui non si tratta di un pas de deux, giacché l'interlocutore assente, o il compagno di danza invisibile, ha la stravagante personalità multipla a cui si è già accennato. Edith non parla a un solo individuo, ma a più soggetti (...) Senza mai dimenticare che a tenerli insieme, o meglio a sottintenderli tutti "indifferentemente", resta sempre lui, l'uomo che sdorme, che si esalta al suo "fedele torpore" e si riconosce - per un attimo - "paggio vestito dei brandelli / della gloria che altri ebbero"...» (Dalla prefazione di Silvio Raffio)