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"Ci sono poeti che da subito, da inizio 'carriera', si connotano per il dialogo fitto che riescono a intrecciare con la propria contemporaneità, critica e poetica, e in sintonia con essa crescono continuando a riproporsi. Di altri poeti, invece, la voce pare giungere da altri luoghi, non necessariamente astratti o astorici, ma appartati, lontani. E questo il caso - o almeno, così si connota alla mia lettura - di Valerio Nardoni, con il suo 'Senso di facilità'. Un libro che, come l'autore ci tiene a precisare, è stato scritto nel decennio scorso, quando Valerio si affacciava appena ai trent'anni. Un'opera prima in poesia, dunque, tenuta segreta per molto tempo. Intanto il poeta viveva, superando non facili prove esistenziali, sia in Italia sia in altri paesi, in particolare quelli di lingua castigliana, di cui Nardoni è specialista. Oggi che la sua esistenza pare avere raggiunto un primo assestamento, e che la sua figura di narratore, di saggista e di traduttore si è consolidata sul piano critico e professionale, Valerio finalmente decide di svelarci il nucleo più segreto e custodito della sua scrittura: quello più antico. E lo fa con la consueta modesta fierezza. Certo non nascondendo i legami con i propri maestri, con tanto otto-novecento spagnolo e italiano, e un nome a svettare su tutti: quello di Mario Luzi, che Nardoni ebbe modo di frequentare da vicino negli ultimi anni." (Franco Buffoni)