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"Una poesia, questa di Lidia Are Caverni, che non si stacca dalla realtà, anzi la ridisegna, la reinterpreta, la rende comprensibile di là dello steccato che la circoscrive, diventa autobiografia universale perché sa cogliere all'esterno e all'interno i segni del comune sentire... Se all'apparenza quello della Caverni è uno sguardo che ha la leggerezza di un piumino di cipria, che passa sulle parole e le accarezza, nello stesso tempo ha la forza tagliente di una lama che scende nel profondo, incide, apre squarci, disseziona, mostra ciò che del corpo oscuro della parola sembrava offuscato, ne evidenzia il limite e l'estensione, senza per questo abbandonarsi all'orgia linguistica..." (dalla prefazione di Walter Nesti)