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Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione: un artista che ha solo quattro opere a lui documentate - e di queste una giunta a noi -, citato in documenti d'archivio che si possono contare sulle dita di una mano e di cui ogni ricostruzione è del tutto ipotetica. Eppure, dopo un arco di carriera poco più che decennale, Giorgione ha raggiunto una fama rimasta immutata nel corso dei secoli. Principiando dalle lezioni di spiritualità e accordo tra uomo e natura di Giovanni Bellini, e dall'uso del colore di Giovan Battista Cima da Conegliano, il maestro di Castelfranco offre una particolarissima sintesi di musicale lirismo, connettendo corpi e paesaggio con una luce morbida e densa. È quella pittura tonale che, impostata da Cima e Bellini, diviene con Giorgione il linguaggio d'avvio della formidabile nidiata protagonista del grande Cinquecento veneto, la stagione di Palma il Vecchio, Sebastiano del Piombo e Tiziano Vecellio.