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Valerio Rocco Orlando (1978), con "Portami al Confine", riflette un elemento non visibile, lo sguardo della relazione. Uno sguardo sulla città, sui Sassi, in cui ha cercato di comprendere cosa c'è dentro, cosa c'è oltre la loro stessa conformazione, cosa c'è attraverso. L'installazione è concepita come un cantiere del pensiero, un cantiere aperto nel quale si mette in scena l'incontro, svelando i processi di costruzione di un'opera, una scultura sociale oggi ospitata nelle sale di Palazzo Pomarici. "L'esperienza del confine parte sempre dall'interno. Limitare significa contenere qualcosa dentro un insieme di punti e, allo stesso tempo, include il significato di soglia. Raffigura lo stare al limite, al margine di qualcosa per un periodo iniziale, o di preparazione, necessario a conoscerci e a conoscere ciò che sta al di là della soglia stessa. Allora il passaggio del margine diventa rituale, significa aggregarsi a un mondo nuovo. [...] Negli ultimi anni ho trascorso molto tempo a Matera, manifestando in più occasioni il desiderio di essere accolto dalla città, ma soprattutto dalle persone con cui di volta in volta ho avuto modo di relazionarmi. E, a poco a poco, il paesaggio tanto connotato e ormai celebre in tutto il mondo, Patrimonio Mondiale UNESCO e Capitale Europea della Cultura, è andato fuori fuoco per mettere al centro dell'inquadratura i volti, e non i Sassi. Adele, Flavio, Angela, Giusi, Maria, Peppino, Francesco, Michele, Brunella, Serena, Mario, Tommaso, Antonio, Dario, Debora, Fabrizio, Ariam, Costantino, Angelo, Sergio, Maria Domenica, Aman, Samir, Uccio e ancora Michele hanno rappresentato il mio Confine, una soglia per guardare in modo diverso, dall'interno, ciò che ci circonda".