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Parte della ricerca più recente di Matteo Negri abbandona la composizione tridimensionale e sposta l'indagine dall'oggetto al piano. I volumi lasciano il posto a sculture basate su formati bidimensionali che si intersecano tra loro, tra rifrazioni, moltiplicazioni e inciampi dello sguardo. L'astrazione formale è necessaria all'artista per il nuovo orizzonte della sua sperimentazione: la forma diventa un'area liminale che permette di scoprire l'opera come qualcosa di non distinto dal mondo che la contiene, ma piuttosto come un luogo di configurazione, di ridefinizione del mondo stesso.