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Il volume propone un approccio inedito al liberty palermitano, esaminando i rapporti con il giapponismo e l'influenza che questo produsse sugli artisti e sugli architetti - Ernesto Basile, Vincenzo Ragusa, Rocco Lentini, Ettore De Maria Bergler, tra gli altri - che operavano in Sicilia nel periodo a cavallo tra l'ottocento e il novecento. Il giapponismo, a partire dal 1854, anno in cui il paese del sol levante aprì le porte all'occidente, coinvolse artisti, collezionisti, studiosi, committenti di ogni ceto sociale, soppiantando il gusto per le cineserie, di gran moda nell'Europa del settecento, e proponendo una rappresentazione della natura essenziale, stilizzata, lineare, simbolica, attenta alle atmosfere, che veniva sempre più in auge grazie alla diffusione delle stampe della tradizione Ukiyo-e alle esposizioni universali. A Palermo il movimento liberty accolse prontamente la fascinazione della cultura giapponese e trovò, soprattutto nella decorazione tratta dai motivi botanici, gli spunti per l'esuberanza creativa che avrebbe coniugato sia nel campo architettonico che in quello delle arti applicate, dando vita a un'elaborazione autonoma delle tendenze moderniste europee. Vengono qui ricostruite la temperie e le dinamiche culturali, economiche e sociali nella Sicilia fin de siècle, nonché il panorama artistico locale, delineando i rapporti del giapponismo con il teatro, la musica, la letteratura, la fotografia. Con un saggio di Erminia Scaglia.