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Quello del marchigiano Fortunato Duranti (Montefortino, 1787-1863) è un caso da guinnes dei primati nell'ambito della grafica neoclassica europea: soltanto nella Biblioteca Comunale di Fermo, dove sono confluiti i disegni che egli tenne con sé fino agli ultimi giorni di vita, ne sono conservati più di 1700 e tanti altri sono stati reperiti in trenta anni di ricerche in altre collezioni pubbliche e private disperse nel mondo intero. Formatosi a Roma presso lo studio dell'abate Domenico Conti, entrò in contatto con i giovani artisti confluiti nell'Urbe nei primi anni dell'Ottocento, come Felice Giani e Tommaso Minardi. Avendo tuttavia incontrato difficoltà nell'inserirsi nel contesto artistico romano, si dedicò al commercio antiquario, organizzando una vendita di opere d'arte anche in occasione del Congresso di Vienna. Rientrato dal soggiorno nell'Impero senza averne tratto gli auspicati guadagni, iniziò a manifestare i segni di una progressiva malattia mentale che si esprime in modo flagrante nella sua vastissima produzione grafica, quasi mai finalizzata alla preparazione dei pochi dipinti da lui eseguiti ma che piuttosto appare come l'espressione di un furor creativo privo di regole, svincolato dai precetti dell'estetica neoclassica e singolarmente vicino alla poetica del Sublime. Stefano Papetti, che ha avviato i suoi studi su Duranti sotto la guida di Mina Gregori e di Federico Zeri, ha curato la catalogazione dei disegni dell'artista conservati nelle raccolte pubbliche e private.