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Questo volume documenta il percorso creativo di Eugenio Carmi (Genova 1920), uno dei più sensibili interpreti dell'Astrattismo contemporaneo che - come ricorda Claudio Spadoni nella presentazione - ha sempre amato definirsi "fabbricante di immagini". La storia prende avvio dai paesaggi e dai ritratti della fine degli anni quaranta in cui emergono valori costruttivi assimilati nel periodo torinese sotto la guida di Felice Casorati. Tra il 1958 e il 1963 la ricerca sul segno e sul valore tattile delle materie indica una sensibile sintonia con gli umori dell'Informale, vissuti come "appunti del nostro tempo", percorsi e tracce della memoria rivolte al futuro. L'esperienza all' Italsider (1958-1965) influenza una serie di ricerche sul rapporto arte-industria come possibilità di sperimentare macchine ottiche basate sulla molteplice stimolazione percettiva dello spettatore. Negli anni settanta l'interesse di Carmi torna totalmente alla pittura, dapprima sognata come città immaginaria, luogo di segnali e intersezioni geometriche, in seguito esaltata nelle sue tensioni dinamiche, tramiti immaginativi per intuire - come indica Claudio Cerritelli - gli spiragli dell'altrove, le forme dell'invisibile. Negli anni ottanta e novanta la geometria viene esplorata come dimensione cosmica e spirituale, visione interiore legata alla scoperta di nuove fantasie, con il desiderio di svelare la bellezza di un mondo armonico e sereno.