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Il nostro è un mondo talmente pieno di memorie che inesorabilmente, per mancanza di spazio, vanno in gran parte perdute. A partire dalla modernità, questo è un problema che riguarda sia l'individuo sia la società. Nella letteratura e nelle arti visive la memoria è quasi sempre associata allo spazio e alla figura specifica dell'esploratore-archeologo che lavora attraverso testi e opere d'arte che finiscono per somigliare a oggetti smarriti e ritrovati. Il montaggio, la pratica del palinsesto, la smaterializzazione e l'utilizzazione di materiali d'uso comune o persino banali, sono tutti processi legati a una sorta di ricostruzione archeologica di uno spazio o di un corpo. Se si eccettuano i rari monumenti pubblici in memoriam, le arti visive contemporanee sembrano essere tutte destinate a raccontare memorie differenti, a occupare spazi vuoti o dismessi o a ripensare le pratiche scientifiche di conservazione museale o archiviazione. Il saggio scritto da Giovanni lovane e Filipa Ramos nasce dalla memoria di due luoghi tipici della contemporaneità: l'ufficio degli oggetti smarriti e il cartello Lost & Found che campeggia nella sala di ritiro bagagli di qualsiasi aeroporto che si rispetti. Un'immagine e una metafora entrambe aderenti alla crisi della memoria nell'arte contemporanea.