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Giunge un momento, nella vita di un uomo, come in quella di un'epoca, in cui ci si trova costretti a fare i conti con il proprio passato, per poter dare speranza al proprio futuro. Si instaura così un gioco, talvolta lieve, talvolta drammatico, le cui regole restano perlopiù sconosciute agli stessi giocatori. Quel che ci si trova così a sperimentare è l'esperienza più profonda di ciò che si chiama memoria: tutto quel che è stato, lungi dall'essersi fossilizzato nei canoni ufficiali della storia, torna improvvisamente a nuova vita scombinando le carte. L'insieme di idee, di ricordi e di esperienze si rimodella in un' inedita costellazione di senso, all'interno della quale un'eredità viene infine assunta e, in pace, proprio grazie a questa assunzione di responsabilità, messa in salvo. È questo, in fondo, l'autentico esercizio del pensiero, il luogo di un confronto serrato e senza scappatoie con la propria tradizione: con la necessaria istituzione di una tradizione. Pensare, infatti, è fare i conti con il tempo, scandire le certezze e darne una nuova immagine attuale. Come ebbe a scrivere Walter Benjamin, a cui il titolo del libro fa segno discretamente, "non è che il passato getti la sua luce sul presente, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l'adesso in una costellazione".