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Semplice e concentrato, nello stesso tempo pieno di una segreta pietà, inflessibile e rigoroso. È ammirevole che con un tema come quello del "nulla" - ultimamente al centro di tanti studi, più o meno buoni, di carattere filosofico - l'autrice abbia saputo scrivere un libro così tenero e vivo. E lo è anche il fatto che sia riuscita a creare dalla "vuota" intimità del personaggio, tutto un mondo. Che cos'è, dunque, quel che ci dice l'eroe di questo romanzo, quest'uomo che "non ha niente da dire"? "Niente", e questo niente - che è quello di tutti noi - si converte, per il mero fatto di farsene carico, in "tutto": in consolidamento della solidarietà e della fratellanza fra gli uomini. E così, un libro "individualista" risulta fraterno, poiché ogni uomo che si fa carico della propria condizione solitaria e della verità, del suo niente, si fa anche carico della condizione fatale degli uomini della nostra epoca e può partecipare al loro destino generale e condividerlo. Coloro che sanno di non avere niente hanno tutto: la solitudine condivisa, la fratellanza nell'abbandono, la lotta e la ricerca.