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In un momento in cui ancora si moltiplicano le cosiddette scuole di scrittura creativa, e di conseguenza anche i libri pieni di "consigli" rivolti a chi vuol cominciare a scrivere, può essere utile rileggere questo agilissimo saggio, tuttora estremamente godibile, a volte deliziosamente insopportabile, disseminato di osservazioni folgoranti e arricchito dalla ben nota, crudele ironia baudelairiana. Il libretto, come in generale la stessa vita del suo autore, potrebbe costituire un ottimo esempio di filosofia paradossale, ovviamente quella preferita da Baudelaire, che rivendicò sempre "il diritto di essere assurdo", fondato sulla coscienza che è la contraddizione che governa l'universo. La fede nel conflitto si manifesta qui soprattutto come visione affermativa del mondo, dal punto di vista dell'arte e dell'artista, fondata sulla forza del gesto creativo. L'opera "inattuale" dell'autore dei Fleurs du mal conferma, dopo centocinquant'anni, la sua potente attualità, a conferma di quanto suggerito da Giovanni Macchia: Baudelaire "si avvicina a noi mano a mano che il tempo sembra distaccarlo, e la sua figura farsi più evanescente".