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"Nella sua riflessione Mill esalta, come connotato del governo rappresentativo più sviluppato, la varietà, l'individuo, i diritti, le forme consensuali, le opinioni dissenzienti, la cultura poste a fondamento di ogni autorità che esige obbligo politico. E però, fuori dal contesto europeo-occidentale, tali organismi costituzionali (ispirati al canone di «un governo con una base minima di potere») non sono trasferibili per una insuperabile difficoltà della situazione storica, e anzi li ritiene beni politici minacciati anche nei paesi civili alla presa con il processo traumatico che porta verso i lidi della democrazia pura (con l'inefficacia in essa del controllo repressivo a tutela delle minoranze religiose quando gli stessi organi giurisdizionali dipendono dall'opinione pubblica, come apprende da Tocqueville). Se da un punto di vista normativo, e quindi a prescindere dall'applicabilità nelle condizioni storiche contingenti, il modello del «governo popolare» è superiore nel perseguimento del bene pubblico, e può essere assunto come «forma politica ideale», nel funzionamento degli istituti politici il governo rappresentativo è il più efficace strumento di organizzazione del potere legittimo e non invasivo che media tra principio di partecipazione con eguali diritti di libertà, attenzione al lungo periodo e tutela degli interessi in gioco, principio di maggioranza e pluralismo. Da liberale Mill apprezza i diritti e le libere istituzioni e però concede al punto di vista conservatore che i preziosi diritti che l'ordinamento ritaglia a favore del singolo, apprezzabili nel modello inglese, non sono in alcun modo validi universalmente. I principi del governo rappresentativo suppongono essi stessi un preciso contesto storico-istituzionale (protezione delle libertà del singolo attore nel perseguimento dei propri interessi, costruzione consensuale della legge, giustificazione razionale delle decisioni, regole procedurali consolidate)." (Dall'Introduzione di Michele Prospero)