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Duplice è la traccia tematica che questa raccolta di scritti percorre. Innanzitutto, c'è il tema dell'Edipo. L'autrice, ravvisando in alcune correnti della psicoanalisi contemporanea un orientamento concettuale teso a indebolire la centralità edipica mira, in contrappunto, a ripensarne la strutturante importanza alla luce di alcuni significativi sviluppi post-freudiani. Come ha argomentato Eugenio Gaddini, «l'Edipo è un rappresentante simbolico di tutta una serie di enigmi a cui d'altra parte dobbiamo forse tutto lo sviluppo della mente umana e in definitiva questa scienza che chiamiamo psicoanalisi, che dobbiamo agli enigmi infantili di Freud». Nell'ampliare in molteplici direzioni il concetto di triangolazione edipica, come nel discorso di Green sui processi terziari o in quello di Fornari sul valore della genitalità, si intende soprattutto rimarcare il lavoro del pensiero come lavoro della/sulla differenza, messo a così dura prova, con perturbante evidenza, nelle attuali acuzie del Disagio della civiltà. L'altra area tematica che fa da architrave all'intero volume si inscrive nel trentennale interesse dell'autrice alla fine-analisi, che viene qui rilanciato attraverso la lente osservativa con il focus sulle "ri-analisi". La postura complessiva del testo è innervata dalla impossibilità, propria dell'inconscio, di mettere la parola fine, a dispetto della intenzionalità conscia protesa su questo obbiettivo. Resta così aperta la questione della fine-analisi, marcata dal paradosso di una molteplicità indeterminabile di esiti e, al tempo stesso, dalla ineludibile esigenza teorico-clinica di darne conto, all'insegna della tensione dialettica tra finito e infinito.