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Più di duecento anni fa, il poeta inglese John Keats (1795-1821) scriveva: «Se la poesia non nasce spontanea come le foglie su un albero, che non nasca affatto». Di questo tratta il presente libro, di un albero splendente e immenso da cui spuntano, all'improvviso, innumerevoli e impalpabili rami, irrorati di linfa poetica, come braccia protese verso il cielo colme di voci, di canto e versi che parlano, all'impronta, degli aspetti e delle vicissitudini dell'esistenza umana. Ma questo non è un classico libro di poesia, in cui i versi camminano, uno dopo l'altro, in cerca di un significato immaginario o ancora da immaginare. Gli autori, molto più prosaici, mirano a esplorare, scoprire e sviscerare il mistero stesso della creazione poetica che si cela sotto il manto incorporeo, mutevole e sottile dell'improvvisazione. A tale scopo, propongono un singolare viaggio che inizia il suo cammino nell'analisi dell'antica oralità greca, omerica, che una volta diventata scrittura, attraverso un processo plurisecolare, giunge al porto della poesia orale di improvvisazione, percorrendo prima i sentieri della piel de toro, poi la terra dei Cesari e parte del continente americano per quindi fermarsi, con premeditata intenzionalità, nella patria degli antichi e mediterranei Shardana, antenati dei sardi odierni, per trovarsi faccia a faccia con i poeti che cantano improvvisando in poesia ottave endecasillabe in un batter d'occhio. Li chiamano sos cantadores, eletti figli delle Muse che si affrontano in un duello incruento, in una sfida poetica esplicita che dura diverse ore, in cui occorre persuadere l'esperto avversario, convincere un pubblico attento e ottenere la gloria con la vittoria. Tutti questi elementi caratterizzano la natura e la dinamica di un certame poetico che prende il nome di "gara poetica", una tradizione che affonda le radici nella storia stessa dell'isola di Sardegna.