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Il 28 luglio 1914, al deflagrare del primo conflitto mondiale, nessuno poteva immaginare che una guerra, che si prospettava come molto breve, si sarebbe invece incistata nelle trincee e sotto i reticolati, durando nel complesso più di quattro anni. E nessuno poteva prevedere che nel corso del conflitto si sarebbe determinata quella che oggi viene chiamata la morte di massa, con un numero enorme di caduti che ammonta a circa tredici milioni di uomini, una strage dalle dimensioni per allora senza precedenti, destinata a dominare la memoria di quella guerra nei decenni successivi. Ad un alto numero di morti va aggiunto poi un numero ancora più alto di feriti o ammalati che per l'Italia dovrebbero ammontare, rispettivamente, a circa 984.000 feriti e almeno 2.500.000 malati. Una massa enorme di sofferenza che necessitò di cure e assistenza anche negli anni successivi al conflitto. In questo quadro di tragicità si situa l'intervento in Italia di diverse società nazionali di Croce Rossa dei paesi alleati. Esse risultano infatti schierate idealmente e materialmente con il proprio paese ricoprendo, pur in modi diversi, ruoli istituzionali anche nell'ambito della politica estera dei rispettivi governi. Anche in previsione di quali avrebbero potuto essere gli equilibri territoriali ed economici del dopoguerra, le attività e le strutture della Croce Rossa furono quindi utilizzate per il raggiungimento di obiettivi politici e strategici durante e dopo il conflitto. Il volume raccoglie numerosi saggi che approfondiscono in modo articolato gli aspetti più diversi dell'intervento in Italia delle Società di Croce Rossa degli Stati Uniti, che rappresentò il più massiccio programma di aiuti realizzato in Italia con l'impiego di un ragguardevole numero di uomini e mezzi e con un considerevole bilancio, di Gran Bretagna, Francia e, non ultima, di San Marino.