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In questa intervista, il filosofo Emanuele Severino si confronta con la possibilità di educare al pensiero e si interroga sui limiti e le possibilità del pensiero stesso. Egli, mentre ripercorre la sua esperienza di discente e di insegnante e le sue più significative discussioni teoretiche, riesce a mostrare i paradossi delleducare: se educare significa letteralmente trarre fuori la forma, l'humanitas, da qualcosa (e, quindi, essenzialmente trasformare), questo intento non solo diviene violento (perché vuol dire snaturare qualcosa), ma occulta una volontà impossibile: quella di far essere ciò che non è. Severino mostra, quindi, come il modello classico di educazione riproduca la radice del nichilismo e quindi della civiltà della tecnica: credere che il divenire sia un venire dal e un trapassare in nulla. All'orizzonte, però, si profila un'altra esperienza di educazione: educare al pensiero per risvegliare il senso profondo delle cose, un senso che ne svela il volto eterno. Tra tradizione, laicità, pluralismo, secolarizzazione, teismo e ateismo, quindi, Severino svela come la relazione educativa abbia i tratti di una conversione dello sguardo e offre una guida al buon uso della ragione.