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Il rapporto fra sacro e profano - in Occidente fra Stato e Chiese - appare come uno degli aspetti più classici e controversi dell'organizzazione pubblica delle società, anche per le ricchissime implicazioni interdisciplinari (storiche, teologiche, filosofiche, sociologiche, ecc.) che inevitabilmente comporta. Questo libro non solo approfondisce con inusuale ricchezza di argomentazioni i temi della "libertà di coscienza" e della "laicità" dello Stato, sottolineandone l'inscindibilità quali fattori specifici e genetico-costitutivi dello Stato costituzionale contemporaneo, ma rimarca anche l'assoluta necessità di non confondere entrambi i concetti con i diversi fenomeni degenerativi, oggi diffusi, del "libertarismo" e del "laicismo". Soprattutto e più in profondità, il volume cerca di affrontare la delicatissima e tuttora oscura questione delle radici religiose dello Stato laico, mettendo in luce l'esistenza, più o meno diretta e più o meno consapevole, di un afflato squisitamente "religioso" sotteso, intrinsecamente ma ineluttabilmente, alle radici del costituzionalismo contemporaneo, che pure rimane essenzialmente laico. La riflessione oscilla dunque fra i due estremi di una forbice: da un lato, il coraggio di andare oltre le fedi, nel timore che esse si traducano in atteggiamenti di chiusura, "fideistici"; dall'altro, la comprensione che comunque senza una fede, più o meno consapevole, risulti impossibile una qualsivoglia forma di stabile organizzazione sociale.