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La tensione di fondo nell'ordine giuspolitico della nostra epoca è costituito dal contrasto tra la tendenza alla globalizzazione, che investe l'economia e le comunicazioni, e si riverbera sul diritto e la politica, e la frammentazione che consegue dalla profonda trasformazione in atto nelle relazioni internazionali. La fine della contrapposizione "globale" caratteristica della guerra fredda ha lasciato spazio alla prevalenza di una pluralità di centri di potere, privi del riferimento ad un ordine egemonico generale, dopo la breve parentesi del "momento unipolare" americano. È in tal senso che si può parlare di epoca "post-globale", segnata non dalla fine dei processi di globalizzazione, ma dalla fine dell'illusione che ad essi potesse corrispondere un'unificazione giuridica o addirittura politica del mondo. Si rendono allora necessari una riflessione critica sul globalismo giuridico (a cominciare dal global constitutionalism) e la ricerca di un approccio ai diritti umani, che non ne neghi la portata universale, ma ne definisca i limiti rispetto alla pluralità irriducibile delle culture. Ciò significa anche ripensare la lezione di Kant, al di fuori della diffusa vulgata cosmopolita, rileggendo anche la riflessione di Kelsen e dell'ultimo Rawls su diritti umani e democrazia.