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Pacifico racconta in un romanzo delicato e intimo l'epopea della sua famiglia allargata, i "Campanici". I genitori Pia e Guido emigrati a Milano in cerca di lavoro, i riti delle vacanze e del controesodo annuale con i loro ingorghi e interminabili viaggi in treno, i matrimoni e i funerali, i dissidi e le riconciliazioni, il passaggio generazionale, fino alla perdita del padre, all'abbandono della casa in cui hanno vissuto per quarant'anni, al proprio trasferimento a Parigi e alle telefonate alla madre che vive sola. L'autore costruisce così, a piccoli passi, soffermandosi su particolari momenti, situazioni o gesti, qualcosa che pian piano assume il respiro dell'epica quotidiana, la saga dell'emigrazione, tra umorismo, commozione e amore per la sua stramba famiglia. "A poche centinaia di chilometri li aspettava un lavoro, una casa, un bambino infilato in una tutina di spugna da cullare tra le braccia. Fuori una periferia buia, senza mare, senza porto, senza palazzi nobiliari fatiscenti. E che comunque sembrava la salvezza."