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"Giuseppe Sgarbi è uno scrittore e un uomo autorevole, che non dà confidenza ma non gioca con alcun segreto. Nomina le cose, fa vivere le persone e i fatti, con tacito amore e tranquillo riserbo. Una personalità - e una penna - ricca di tenerezza e istintivamente incline a incutere soggezione. Il suo sguardo ha la spregiudicatezza di chi è libero da idoli, convenzioni, retoriche e non ha paura di guardare in faccia la morte, la guerra, il disincanto di tutte le cose. Ma il suo sguardo è soprattutto quello del rispetto, che Kant considera la premessa di ogni virtù e che sembra sempre più raro." Così Claudio Magris a proposito della scrittura di Giuseppe "Nino" Sgarbi, nell'introduzione a Non chiedere cosa sarà il futuro, secondo volume della sorprendente tetralogia con la quale - a più di novant'anni - il farmacista di Ro Ferrarese, padre di Elisabetta e Vittorio, si è imposto all'attenzione di pubblico e critica come una delle voci più profonde della narrativa contemporanea. In questo volume sono raccolti i quattro romanzi, scritti da Sgarbi in cinque anni - "Lungo l'argine del tempo" (2014, premio Bancarella Opera Prima e premio Internazionale Martoglio), "Non chiedere cosa sarà il futuro" (2015), "Lei mi parla ancora" (2016, premio Riviera delle Palme) e "Il canale dei cuori" (2018) - insieme ad alcune pagine inedite ritrovate, nelle quali rivive la "prosa classica e affascinante, piana e percorsa da echi e risonanze, come ogni classicità" di "uno scrittore, ossia qualcuno che ci fa sentire le cose, ci riporta in mano la loro irripetibile unicità e la familiarità o estraneità col nostro essere; che ce le fa scoprire in una luce nuova".